ASSOCIAZIONE REGRESSO ARTI

 

Matteo Gennari

 

 

Nato a Pesaro lo 08 dicembre 1976, vive e lavora a Pesaro.

Membro dell'Associazione Regresso Arti dal 2004, si occupa di fotografia addentrandosi soprattutto nel rapporto con l'arte digitale.

Tra le sue mostre ed attività ricordiamo:

 

2004 - Franco Cenerelli, Andrea Corradi e Matteo Gennari - Bachelor (Fano)

2005 - Franco Cenerelli, Andrea Corradi e Matteo Gennari - Underground (Pesaro)

2005 - “The Circus”, 1° rassegna di Arti in movimento – Conventino di Monteciccardo (PU)

2005 - " Regresso 2005 " con il patrocinio del Comune di Apecchio, Pro-Loco di Apecchio – Palazzo Ubaldini, Apecchio (PU)

 

 

 

DELLA CULTURA INUTILE

 

 

Se volessimo dare una definizione di Cultura, secondo i nefasti canoni della società moderna, ci ritroveremmo dopo vari sofismi e giri di parole, a ricongiungerci con il concetto di “inutile”. Lungo è il percorso che ha portato a questa aberrante concezione, ma è fuor dubbio che nella società moderna ogni nozione che non sia tecnicismo atto alla mercificazione è considerata inutile. La Cultura per antonomasia non può e non deve essere ricondotta, anzi ridotta, ad un mero uso strumentale della stessa, la Cultura non può entrare nel meccanismo della monetizzazione.

 

Parlavamo di un percorso, un lento ed inesorabile stillicidio di eventi che hanno portato al tramonto ed al decadimento tanto della Cultura quanto, inevitabilmente, dell'umanità, un percorso di perdizione iniziato appunto con l'epoca moderna. Il passaggio fra “epoca antica” ed “epoca moderna” non è stato una frattura netta e ben identificabile in un avvenimento storico, in una data precisa ma, bensì, un doloroso susseguirsi di eventi che hanno avuto principio con il lento disgregarsi delle religioni antiche, politeiste, sostituite, in alcuni casi con la forza in altri con l'inglobamento ed il mimetismo, dalle religioni moderne. In realtà il virus mortale contenuto nelle religioni monoteiste (di origine levantina) è quello che chiamiamo dogma. Il dogma è la morte di ogni intellettualità, è la “non risposta” che inibisce tutte le domande, è la differenza che intercorre fra la sterile fede ed il fecondo misticismo. Ed è appunto con l'impossibilità o meglio l'inutilità del riflettere sui “perché” divini (l'insegnamento è “non cercare di capire il disegno divino, fidati perché Dio ti ama ed ha un progetto per te”) che inizia quel processo che portò la Cultura a separarsi dalla sfera mistica, spirituale, rimanendo quindi solo tecnicismo. E' sì vero che anche le religioni moderne riconoscono lo spirito, ma solo per meri scopi propagandistico-strumentali quali la resurrezione dei giusti, o per collocare in esso la sede di una presunta morale innata che, in realtà, altro non è che un insieme di norme costruite dall'uomo stesso.

 

Una piccola digressione credo sia doverosa al fine di sottolineare il fatto che le religioni monoteiste ebbero una forte connotazione urbana, dimostrazione ne è l'appellativo “pagano” (usato con accezione negativa dai cristiani verso i non cristiani) che appunto deriva da “paganus” ciò “colui che non abita in città”, ovvero colui che, vivendo ancora a contatto con la natura, e l'adorava come divinità. Singolare coincidenza che oggi, impossibile negarlo, il fulcro di ogni degenerazione, dell'ignoranza più totale siano proprio le città e che invece, giustamente, stia prendendo sempre più piede la consapevolezza che la nostra vera essenza sia nella natura e non nell'urbe.

Quale grottesco destino porta la culla del monoteismo ad essere la culla del male?

 

Nei secoli seguenti, le uniche contrapposizioni alle religioni moderne furono ancor più deleterie delle religioni stesse; affossarono definitivamente la natura solare dell'essere umano. Madre e padre di questo abominio fu l'illuminismo, espressione filosofica di una nuova classe sociale che si identificava e trovava giustificazione della propria esistenza solo nell'abilità nel commercio e nell'accumulare danaro: la borghesia. Borghesia della cui cecità ed ottusità siamo, ad oggi, tuttora schiavi compiacenti e compiaciuti. L'illuminismo ci dipinge un essere umano dominato dalla razionalità, dal meccanismo causa-effetto, niente più di spirituale o trascendente, solo materia. Una filosofia che pretende di accendere lumi quando in realtà ha spento definitivamente la sacra fiamma che, contro tutto e tutti, ancora ardeva (ed ancora arde) nelle nostre vene, nel nostro sangue. Darwin e la rivoluzione industriale finirono il processo in atto ormai da secoli. Dell'uomo figlio degli Dei non rimane più nulla, viene trasformato in nome della scienza in “bestia evoluta” nata dal guano (grazie allo “scienziato”), sacrificato sull'altare della dea prostituta chiamata “produttività”, diviene macchina, tra le macchine e con le macchine (l'industrializzazione). Come può un uomo, convinto di essere nato da un brodo melmoso, aspirare alla celestialità, come può essere ricettacolo della luce del sole e corriere di sapienza? L'uomo “bestia evoluta” non può che eccitarsi ed idolatrare la macchina, la quale lo seduce e si impossessa degli ultimi brandelli del suo spirito.

 

La scienza da sempre strettamente legata alla filosofia, all'alchimia ed al misticismo ricerca ora non è più interessata allo spirito dell'uomo ma alle sue carni. Gli scienziati squartano la fisicità dell'essere solare alla ricerca di un qualcosa che possa sostituire ciò che loro hanno abiurato; stolti, ciechi e disperati non si rendono conto che la carne è solo veicolo dello spirito e, che per quanto possano scomporre le nostre membra, a loro spetterà solo il fallimento eterno.

Oggi l'unica conoscenza ritenuta valida è quell'insieme di nozioni atte alla produzione, viviamo sotto il dominio dell'utilitarismo oltranzista, il dogma è “ciò che non è produttivo non è utile e non merita di esistere”. La Cultura quindi, quella vera e sublime, metafisica e trascendente, viene liquidata come inutile e perseguitati sono coloro che ancora praticano il “rito alchemico” della ricerca della conoscenza assoluta, perché il sapere spezza le catene della schiavitù al prodotto. Il colto e l'artista non sono più vanto e motore della società, ma sono parassiti che non producono ricchezza. Il colto e l'artista sono sovente ritenuti folli, perché il loro linguaggio è il linguaggio dello spirito, uno spirito che l'uomo moderno ha vomitato e ripudiato, tronfio del suo essere animale evoluto da soma.

 

Oggi il filosofo e l'artista, l'esegeta ed il colto, devono brandire in una mano la spada e nell'altra la penna, la guerriglia, la resistenza, oggi devono essere combattute contro la modernità (e non il progresso), contro gli estremismi scientifici, contro le religioni moderne e contro la borghesia ed i suoi biechi valori (a)morali, contro lo sfruttamento e contro la massificazione, contro la tecnocrazia e contro il crogiuolo di culture che sforna una non-cultura universale.

 

In ciò trova giustificazione un “Regresso” che non è da intendere come una ri-proposizione anacronistica di antichi modus vivendi, bensì come un ritorno ad una società in cui sappia convivere la tecnologia e l'umanesimo, la scienza e l'arte, ognuna riconoscendo il campo intellettuale appartenente all'altra, senza pretese d'invasione e sopraffazione.

 

Regresso quindi per contrapporsi all'inconfutabile decadimento della morale e della cultura, per bonificare le giungle urbane portando l'arte in queste terre malate, per risollevare l'uomo e permettergli nuovamente di guardare il sacro sole ed essere illuminato dai suo raggi, per ridare sacralità alla natura, natura di cui siamo parte e strumento, per opporsi alla globalità massificanti e per sottolineare e difendere le peculiarità di ogni popolo che sono il vero tesoro delle culture etniche, per riscoprire e valorizzare le tradizioni indoeuropee senza per questo voler sottintendere alcuna superiorità.

 

Matteo Gennari

 

 

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